Rinascimento e classicismi by Amedeo Quondam

Rinascimento e classicismi by Amedeo Quondam

autore:Amedeo, Quondam [Quondam, Amedeo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Critica letteraria, Saggi
ISBN: 9788815313799
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2013-10-14T22:00:00+00:00


FIG. 2.6. Fra Carnevale, Dettaglio dalla Nascita della Vergine, Metropolitan Museum, New York.

Il confronto tra il ritratto moroniano di Oswald I Trapp (omologo, anche se di fattura ben superiore per qualità, alle tante altre immagini di Churburg) e l’immagine del manoscritto potrebbe, ovviamente, e dovrebbe, essere molto più articolato, sempre per marcare la discontinuità, non solo figurativa, che le separa. Magari facendo riferimento alle immagini (evocate nel cap. I) dei cavalieri del ciclo di Ywain dipinte all’inizio del Duecento nello Schloss Rodenegg (Castel Rodengo), all’imbocco della Val Pusteria, fortezza, allora, del principe vescovo di Bressanone Conrad von Rodank; oppure ai cicli di affreschi di Schloss Runkelstein (Castel Roncolo, sopra Bolzano: con i cicli di Garello, di Tristano, di Wigalois, con tornei cavallereschi, giochi e danze cortesi, cavalieri e dame, famose coppie di amanti, storiche e romanzesche), commissionati a fine Trecento dalla famiglia dei ricchi borghesi bolzanini, i Vintler, impegnati a costruire la propria identità nobiliare. A ribadire la discontinuità tra un prima e un dopo. Prima: gli antichi cavalieri guerrieri in armi e a cavallo (con falcone), le loro eroiche gesta tra fiaba e romanzo, anche in lotta con il drago; poi: i moderni gentiluomini in eleganti abiti civili, in ozio, la loro civile conversazione tra virtù e onore, tra favole antiche e institutio classicistica.

Senza tornare su considerazioni più volte proposte, credo che sperimentare l’elaborazione di un modello generale del senso di una storia che riguarda i processi della modernità e la parte dei loro protagonisti, il gentiluomo e la dama (a corte), possa anche contrastare la caduta di quella tensione, seppure largamente ideologica, che a lungo ha caratterizzato la polarizzazione Medioevo/Rinascimento (non solo ‘discontinuità/continuità?’, ma anche ‘cristiano/pagano?’). Di per sé positiva, se non comportasse un effetto collaterale che mi sembra invece devastante: la nascita della modernità, ogni suo possibile racconto, ha finito per perdersi nelle nebbie di una terra di nessuno, senza padri e senza famiglia, anche per la debolezza dell’attuale congiuntura degli studi sull’Umanesimo, che faticano moltissimo a rivendicare agli umanisti la parte che è stata tutta loro, a partire da quel gigante della modernità che è Francesco Petrarca. E cioè, la parte di costruttori del nuovo modello culturale (e proprio nelle sue strutturali contraddizioni e criticità), di mediatori e persuasori del valore delle litterae e dei mores come «supremo ornamento» dell’antico bellator in armi, come sua necessaria ‘seconda natura’ per una nuova conformità di ‘forma del vivere’; la parte di inventori di un’istituzione culturale che prima non c’era o che, comunque, non era fatta così: la scuola degli «studia humanitatis», con appropriata ratio studiorum, uniforme e costante nel tempo e nello spazio; una scuola non professionale e non cittadina: dedicata, in termini riservati e distintivi, all’institutio dei giovani cavalieri; consapevole della propria novità di contenuti e metodi formativi, se continuamente sente il bisogno di esporli in una gramma larghissima di opuscoli, lettere, trattatelli.

Ebbene, a fronte di tutto ciò, ritengo che assumere le metamorfosi del miles tra Medioevo e Rinascimento, e più ancora le metamorfosi delle sue corti,



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